Nel
corso della stagione di F1 2012, la McLaren aveva schierato una macchina molto
performante, capace di vincere ben 7 Gran Premi su 20, al pari di una certa Red
Bull che viaggiava in pieno apice realizzativo.
McLaren
e Red Bull hanno in pratica vinto i 2/3 delle gare disponibili lasciando il
resto alla Ferrari (3 sempre di Alonso) e alle occasionali singole vittorie di Mercedes (Rosberg in Cina),
Williama (Maldonado in Spagna… mammam mia!) e Lotus (Raikkonen ad Abu Dhabi).
Tutto questo riepilogo giusto per ricordare quanto prestazionale fosse quella
McLaren del 2012, ma anche per ricordare quanto questa fosse anche soggetta ad
inconvenienti e defaillance. Una macchina potenzialmente vincente ma che, come
già visto in altre occasioni nella recente storia McLaren, un po’ gracile sulla
distanza di un campionato. Tanto da relegare il team inglese al terzo posto
nella classifica costruttori, a ben 82 punti dalla vincitrice Red Bull,
nonostante uno stesso numero di GP vinti. Finì addirittura dietro alla Ferrari
che, come si è già detto, ne vinse vinte solamente 3 e con Massa andato a podio
in solo 2 occasioni e che per 6 volte non portò nemmeno punti.
In
quella stagione Hamilton e Button finirono quarto e quinto in classifica
generale, divisi l’un l’altro da soli 2 punti (rispettivamente 190 e 188, tanto
per chiarire le idee a chi continua a sostenere che Button è un sopravvalutato),
con 5 ritiri per Hamilton e 2 per Button.
Si ricorderà in particolare quella
bruciante rottura del cambio occorsa verso la fine del GP di Singapore alla
vettura di Hamilton, piombata proprio nel momento in cui Lewis stava andando a
vincere dopo una gara dominata con grande autorevolezza. Manco a dirlo poi
vinse Vettel e, beffa delle beffe, Button arrivò secondo a conferma del grande
potenziale inespresso. In
quell’occasione Hamilton apparve particolarmente abbattuto, si vide uscire dall’auto
e scuotere la testa con aria sconsolata e le spalle abbassate. In molti dissero
che quello fu l’istante in cui maturò in forma definitiva l’idea di andarsene
dalla McLaren. Successivamente, quando si seppe che aveva ceduto alle facoltose
lusinghe della Mercedes, Hamilton fu anche additato come irragionevole,
orgoglioso, ingrato ed addirittura più interessato al compenso che alla fedeltà
alla bandiera. Che la sua insofferenza alla cronica difficoltà finalizzatrice McLaren
e la sua impulsività lo avessero spinto ad accettare una sfida improba con
quella Mercedes che da anni non riusciva a cavare un ragno dal buco e che aveva
demolito la seconda carriera di un mostro sacro come Kaiser Shumy, si disse che
la sua voglia di cambiare aria non gli avesse fatto scegliere l’auto più veloce.
Ma
alla luce delle prestazioni di questa stagione, siamo proprio certi che
Hamilton quella volta non guardò alla macchina più veloce? Sarà proprio vero
che quando lasciò McLaren per Mercedes non avesse già ben capito che i tedeschi
erano molto più avanti di tutti gli altri per questo epocale cambio
regolamentare 2014? Volete forse dirmi che per attirare un campione come
Hamilton, in Mercedes non gli abbiano fatto fare un giretto in fabbrica? Che
Lewis non avesse visto che il motore girava già dal 2011? Che non avesse realizzato
che il progetto della macchina 2014 era già a buon punto di avanzamento?
Ma poi,
considerato ciò, si pensi che contemporaneamente Hamilton era ben consapevole
di cosa stavano facendo in McLaren, sapeva che se ne sarebbero andati via
uomini chiave (in Mercedes guarda caso) e che proprio McLaren avrebbero poi
perso il motore Mercedes, con le implicazioni tecniche annesse e connesse.
Io
sono piuttosto propenso a credere che Lewis abbia molto ben ponderato la sua
scelta, che abbia affrontato la stagione 2013 nell’intento di ambientarsi per
benino nel nuovo team, senza particolari pressioni e senza grandi aspettative, cosciente
che probabilmente avrebbe raccolto poche soddisfazioni, viste le precedenti
annate della Mercedes. Ma anche con la consapevolezza che così facendo avrebbe poi
avuto in mano tutte le carte buone per partire alla grande nel 2014. Sono convinto
che Hamilton non avesse per niente fatto un salto nel buio, anzi. Piuttosto ora
credo che sia stato invece molto avveduto. Ha potuto toccare con mano la
potenza del colosso Mercedes e ha avuto pochi dubbi. La mossa più ben pensata
del recente passato nel mercato piloti.
E’
chiaro che noi da casa, che non sappiamo niente di quel che accade dietro le
quinte, possiamo parlare solo col senno di poi. Ma è anche vero che, col senno
di poi, si sbaglia poco.
Alessandro
Team Bielle Roventi
Campionato Senna
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